Turchia 2007

AD EST, AD EST

Yoghy & Lisa Tour 2007

 

4 agosto 2007                Milano – Trebnje (Slovenia)

5 agosto 2007                Trebnje – Pirot (Serbia)

6 agosto 2007                Pirot – Izmit (Turchia)

7 agosto 2007                Izmit – Safranbolu

8 agosto 2007                Safranbolu – Inebolu

9 agosto 2007                Inebolu – Unje

10 agosto 2007                Unje – Bayburt

11 agosto 2007                Bayburt – Kars

12 agosto 2007                Kars – Dogubayazit

13 agosto 2007                Dogubayazit – Diyarbakir

14 agosto 2007                Diyarbakir – Monte Nemrut

15 agosto 2007                Monte Nemrut –

16 agosto 2007                                      - Urgup

17 agosto 2007                Urgup

18 agosto 2007                Urgup – Kutahya

19 agosto 2007                Kutahya – Istanbul

20 agosto 2007                Istanbul

21 agosto 2007                Istanbul

22 agosto 2007                Istanbul – Skopje (Macedonia)

23 agosto 2007                Skopje – Spalato (Croazia)

24 agosto 2007                Spalato – Torri di Quartesolo (Vi)

25 agosto 2007                Torri di Quartesolo - Milano

 

Sabato 4 agosto 2007 - Yoghy

Ore 14,30: si parte! Dopo aver caricato le nostre borse sulla moto ed esserci fatti i complimenti per non avere esagerato con le dimensioni e il peso dei bagagli, iniziamo il nostro viaggio felici ed eccitati. L’A4 è libera tranne la classica coda a Mestre. Passiamo la frontiera con la Slovenia e all’autogrill incontriamo i primi motociclisti con i quali chiacchieriamo: 4 ragazzi e Clementina, partiti alle 4 del mattina da Bari e diretti verso il Montenegro, la loro prima tappa doveva essere Fano… invece alle 20,00 attraversavano il confine insieme a noi su una Bmw e 2 Harley tra le quali una 883 identica alla mia con annesso cuscino per il passeggero… Ci auguriamo buona fortuna e proseguiamo tra le colline ed i boschi sloveni mentre la temperatura inizia a scendere. Raggiungiamo Trebnje dopo Lubiana, chiediamo in un bar dove poter pernottare e gentilmente un addetto chiama un ragazzo che ci viene a prendere in auto e ci accompagna in centro paese presso l’hotel dove lavora, semplice e ben tenuto, 50 euro compresa la colazione. Approfittiamo della cucina ancora aperta per gustare un’ottima cena a base di gulasch e carne lessa.

 

Domenica 5 agosto 2007 - Yoghy

Sveglia alle 7 grazie alle campane della vicinissima chiesa, riorganizziamo i bagagli e dopo una ricca colazione partiamo in direzione sud, attraversiamo la Croazia tra campi ben coltivati, fitti boschi, strade e casette in ordine. Entriamo in Serbia ed i panorami iniziano da subito a cambiare, le campagne sono più selvagge, le abitazioni meno rifinite ed il look degli abitanti abbastanza pittoresco. Dopo Belgrado il paesaggio diventa montagnoso ed attraversiamo una stretta valle tra 2 alte pareti rocciose, di fianco alla ferrovia dove transitano vecchi treni misti merci/passeggeri; corriamo affiancati e dai finestrini i passeggeri ci salutano. Facciamo una sosta in un piccolo benzinaio dove 2 camionisti serbi si fermano incuriositi dalla nostra moto, cercano di parlare con noi ripetendo le frasi diverse volte stupendosi delle nostre mancate risposte. Nota di folclore: avranno avuto 6 denti in 2!!! La fame comincia a farsi sentire e alla fine della valle troviamo una trattoria con il parcheggio stracolmo di camion, che come in Italia segnalano ottima cucina a prezzi modici. Entriamo e troviamo un ambiente accogliente e caldo, gruppi di camionisti che fumano e mangiano chiacchierando allegramente, un cameriere superprofessionale che ci serve degli ottimi spiedini con bistecche e patate accompagnate da una gustosa insalata di pomodori, cipolle e cetrioli. Riprendiamo la strada sotto la pioggia ed in prossimità del confine con la Bulgaria raggiungiamo la tetra cittadina di Pirot che sicuramente farà da sfondo a tutti nostri incubi negli anni a venire: si è fatto tardi ed arriviamo in centro seguendo le indicazioni per un hotel e ci ritroviamo davanti a un anonimo palazzone di cemento con tende grigie e storte, una reception polverosa ed ingiallita con la portiera, perfetta interprete di un film di Dario Argento… ci chiedono 45 euro per camera e colazione ma quando chiediamo di poter mettere la moto sotto una tenda ci dicono che non si può perché impediamo l’accesso di una discoteca che dall’aspetto come minimo era chiusa da almeno 20 anni… una frase ci esce spontanea: ma vaffa…! Andiamo via, osservando i pochi abitanti in giro per le strade somiglianti a degli zombie e vediamo non 1 ma ben 2 negozi ben illuminati che espongono BARE, perfettamente ordinate ed in bella vista, una cosa mai vista! Troviamo alloggio in una villetta finto inglese ma dignitosa per 45 euro, doccia e poi a nanna!

 

Lunedì 6 agosto 2008 - Yoghy

Sveglia e partenza sotto la pioggia che ci accompagnerà per tutto il giorno, salvo brevi tratti. Lasciamo la Serbia ed entriamo in Bulgaria, strade non proprio perfette, traffico scarso ma ugualmente pericoloso in quanto le moto sono praticamente inesistenti e sembriamo degli extraterrestri. Per non farci mancare nulla decidiamo di fare un giro nella capitale Sofia, la pioggia incessante contribuisce a dare un’immagine triste della città, ci ripariamo sotto un balcone davanti all’ingresso di una banca sperando che setta di piovere, e osserviamo i passanti  che a loro volta ci guardano incuriositi. Riprendiamo la strada verso est e finalmente entriamo in Turchia. Finalmente la pioggia ha smesso di cadere, il transito tra la frontiera bulgaro/turca è molto veloce, pochi controlli ai documenti ma innumerevoli domande su di noi e la moto. Il bandierone rosso turco con la mezzaluna sventola ovunque, è tornato il sole e noi ci sentiamo già un po’ eroi! Dal confine alla prima città, Edirne, attraversiamo ancora campi coltivati e tutto ci sembra più bello ed ordinato. Entriamo in città e la troviamo esattamente come l’aspettavamo, traffico, venditori ambulanti di frutta, moschee a perdita d’occhio, gente curiosa ma sorridente. Andiamo a visitare una bellissima moschea per rilassarci nel silenzio e rinfrescarci sotto i portici. Lisa entra per la visita mentre io rimango fuori a combattere con i venditori ambulanti di cartoline e souvenirs. Scalpitiamo per avere quello che in fondo desideravamo da quando abbiamo deciso di venire in Turchia: il nostro prima pranzo turco! Troviamo una deliziosa locanda sotto un pergolato di foglie di vite, coperto però da un orrendo telone di plastica, vicino a noi alcuni giocatori di back gammon ai tavoli ed il parrucchiere del negozio vicino che aiuta a preparare gli spiedini! Ottimo pranzo, servito da un cameriere identico a Giacomo del trio milanese Aldo, Giovanni e Giacomo. Siamo stanchi, guidare sotto la pioggia per tutta la Bulgaria è stato pesante ma la voglia di andare avanti è tanta e decidiamo di continuare ponendoci come obiettivo di oltrepassare Istanbul, per evitare il traffico mattutino del giorno successivo. Arriviamo nei pressi della città in tarda serata e come dei pazzi sfrecciamo nel traffico dell’autostrada, passiamo l’imponente ponte sul Bosforo e proviamo una grande emozione quando passiamo davanti al cartello che recita “WELCOME TO ASIA” La città è una distesa di luci senza fine. Arriviamo tardissimo a Izmit, troviamo un alberghetto e dopo aver parcheggiato la moto in un polveroso magazzino di fianco all’hotel ci infiliamo subito in camera dove ci addormentiamo sfiniti.

 

Martedì 7 agosto 2007 - Yoghy

Facciamo colazione in hotel e sotto un bel sole partiamo verso il centro ovest della Turchia per visitare Ankara, la capitale. Decidiamo di lasciare l’autostrada per percorrere la vecchia strada statale piena di camion e mezzi di trasporto di ogni genere, tra campagne e villaggi. Ci fermiamo per un caffè in una piazzetta con diversi negozi e veniamo attorniati da curiosi tra i quali un anziano settantenne che parlando con Lisa in tedesco ci chiede informazioni circa il nostro viaggio. Caffè turco, Chai (tè) ed una manciata di nocciole offerte dal fruttivendolo vicino al bar e ripartiamo per arrivare ad Ankara verso le 14,30, ottima temperatura di 33° e clima secco. Visitiamo l’affollatissimo Mausoleo di Ataturk, il fondatore della Turchia moderna,  tra famigliole che si fanno fotografare davanti alla sua tomba e guardie vestite di tutto punto che osservano i visitatori. Rimontiamo sulla Goldwing ed andiamo alla ricerca di un locale per il pranzo. Perdendoci nella città vecchiq finiamo tra banchetti di un mercato in mezzo a mille vicoli, per sbucare poi in una piazza piena di pulmini diretti in ogni dove e di bar e locali vari.

Pranziamo a base di kebab ed insalata tra gli avventori simpaticissimi che ci riempiono di domande offrendoci sigarette e chai, lo spettacolo vero e proprio è la processione dei passanti che si fermano davanti alla moto stracarica osservando stupiti ogni particolare. Dopo aver ricevuto informazioni un po’ approssimative sulla strada da prendere ci dirigiamo verso Nord, verso il Mar Nero. La nuova autostrada corre tra scenari da far west, poco trafficata e molto veloce, in poco tempo raggiungiamo in tarda serata Karabuk, città surreale e polo industriale siderurgico turco con immense ciminiere avvolte dal fumo. Eccoci a Safranbolu  che scopriamo essere cittadina patrimonio mondiale dell’Unesco. Decidiamo di fermarci qui e Lisa sceglie l’hotl più lussuoso indicato nella guida Lonely Placet, una splendida antica casa ottomana molto elegante e perfettamente conservata, circondata da un bellissimo giardino con tavoli sotto gli alberi di mele dove gustiamo una cena strepitosa a base di ravioli alla turca ed involtini di foglie di vite a lume di candela… che romanticismo! Ci ritiriamo nella nostra camera, arredata lussuosamente con un sontuoso letto in ottone ed arredamenti dell’epoca… sembra quasi di essere in vacanza!!!

 

Mercoledì 8 agosto 2007 – Yoghy

Dopo un rilassante colazione in giardino facciamo i turisti, gironzolando tra le viuzze in pietra di Safranbolu, tra case antiche ed i classici negozietti dove approfitto dei prezzi modici per acquistare una camicia a righe in perfetto stile turco per mimetizzarmi tra gli indigeni. Ripartiamo in tarda mattinata verso nord, la strada è molto bella e panoramica, tra varie soste per la benzina e qualche mercatino improvvisato arriviamo ad Amasra, rinomato centro balneare sul Mar Nero. La piccola spiaggia è invisibile, coperta da ombrelloni vicinissimi uno all’altro, dove la gente fa il bagno gomito a gomito. Ci affidiamo come sempre alla nostra guida che ci consiglia un ristorante fronte mare, il pranzo si rivela spettacolare a base di pesce fritto e verdure di ogni genere, il tutto accompagnato da ottima birra fresca. Siamo molto rilassati, seduti in terrazza con il vento che ci rinfresca, da dove osserviamo i passanti che si raggruppano intorno alla moto. L’accendo e prendo in braccio un bimbo adagiandolo sulla sella, che immediatamente si attacca alla manopola del gas e inizia ad accelerare come un forsennato! Ci informiamo sulle condizioni della strada costiera e ripartiamo in direzione est. Abbiamo imparato a nostre spese che non è corretto chiedere quanti km ci sono tra un luogo e l’altro, ma quanto tempo ci vuole, perché gli abitanti del luogo conoscono perfettamente lo stato delle vie di comunicazione ed a volte ci vuole più tempo per percorrere 100 km su alcune strade che 500 in altre. Il terrore negli occhi dei nostri interlocutori quando capivano dove volevamo arrivare in giornata era per noi incomprensibile… ma dopo pochi km ci rendiamo conto cosa volevano dire quegli occhi: la strada costiera è un continuo saliscendi, sterrato, ghiaia, asfalto pessimo, buche continue, lavori in corso non segnalati subito dietro le curve, asini, mucche e cinghiali in continuo attraversamento della sede stradale. 4 ore per percorrere circa 200 km! Ci fermiamo ad Inebolu in un grazioso hotel sulla spiaggia, dove affittiamo un bungalow semplice ma ordinato, dove non manca proprio nulla. Usciamo per fare 4 passi e ceniamo a base di pesce in un ristorante fronte mare. I camerieri, professionali e gentilissimi ci coccolano ed omaggiano Lisa con fiori di oleandro. Lisa mi confessa che da passeggera ha goduto di panorami splendidi e viste strepitose sul Mar Nero, ma si è spesso chiesta come diavolo facessi a guidare in quelle condizioni, e soprattutto che senso avesse per me il tutto non potendo prestare attenzione a nulla se non alla strada. La risposta è sempre quella, il piacere di guidare, di stare sulla moto, di mettersi alla prova come faccio sempre quando parto per un internazionale a oltre 1000 km di distanza da casa è impagabile!

 

Giovedì 9 agosto 2007 - Lisa 

Al mattino, dopo la colazione ed un controllo generale alla moto, ci incamminiamo verso il centro del paese alla ricerca di una banca; durante il tragitto ci affianca un signore molto distinto che cerca di intavolare un discorso ma la cosa è impossibile anche se con gesti e qualche parola riusciamo a raccontare il nostro viaggio. Si ferma presso una panetteria ed acquista 2 ciambelle al sesamo che ci offre in dono lasciandoci senza parole, poi ci accompagna in una banca dove parlotta con la cassiera che ci nega il cambio euro/lira turca per poi proporci di cambiarci lui stesso!. Finalmente capiamo, è il proprietario di una gioielleria dove ci tiene simpaticamente prigionieri e ci applica un cambio “accettabile”, oltre ad offrirci il solito chai e regalarci un pendaglio con i colori della squadra turca del galatasaray. Riusciamo a fuggire dalle sue garbate offerte per l’acquisto dei suoi girelli e torniamo in hotel. Siamo pronti a partire e vediamo arrivare tutto trafelato il commesso del negozio che era scappato per venire a vedere la nostra moto! Salutiamo e riprendiamo la strada verso est. Nel pomeriggio raggiungiamo la città di Samsun e, per puro caso, ci fermiamo a fare benzina in una delle tante stazioni lungo la strada principale. Notiamo una Goldwing 1800 nera nel piazzale e chiediamo stupiti chi sia il proprietario; non passano 5 minuti che 2 uomini molto distinti, avvisati dal personale, si dirigono verso di noi e scopriamo che sono il proprietario del concessionario Honda Karot ed un suo amico che parla perfettamente inglese. Ci ritroviamo seduti in un elegante salotto a bere tè chiacchierando di moto e viaggi. Racconto a Mehemet dei miei viaggi in Turchia del 1987 e del 2001 e degli amici che ho in giro per il paese. Con uno di questi, Feza Haznedar, negli ultimi tempi avevo perso i contatti e mi avrebbe fatto molto piacere rivederlo e risentirlo. Mehemet con un giro di telefonate alla Honda di Istanbul, nel giro di 10 minuti mi passa il suo cellulare dicendomi che dall’altra parte avevo Feza in linea! Dopo un attimo di stupore e un caloroso saluto mi accordo con lui per un incontro durante la prevista sosta ad Istanbul al termine della nostra permanenza in Turchia. Mehemet non contento di tutto quanto ha già fatto per noi, ci invita a passare una vacanza in barca nel sud del paese, ci dà la sua completa disponibilità nel caso avessimo avuto bisogno di qualunque cosa durante il proseguo del nostro viaggio e si mette a disposizione per trovarci un hotel telefonando personalmente al proprietario informandolo del nostro arrivo. Sbalorditi da tanta cordialità e disponibilità lo salutiamo e proseguiamo, arrivando alla cittadina di Unye presso l’hotel riservato da lui. La nostra camera ha la vista sulla spiaggia e il Mar Nero si presenta ai nostri occhi calmo e scuro. Sono già le 20, ma la voglia di fare un bagno è troppo forte e dopo pochi minuti siamo già in acqua per una rilassante nuotata nelle tranquille acque scure del mare. Più tardi con un taxi andiamo in centro per fare 2 passi e cenare rilassandoci dopo la solita giornata faticosa e piena di sorprese.

 

Venerdì 10 agosto 2007 – Yoghy

Di buon mattino riprendiamo la marcia verso est seguendo la strada costiera che corre lungo il Mar Nero con continui saliscendi. Ci fermiamo a Giresun per gustare ed acquistare il prodotto locale più famoso, la crema di nocciole. Naturalmente anche qui, come in tutti i villaggi e le città dove abbiamo sostato, la nostra moto parcheggiata attira ed obbliga alla sosta i passanti di ogni età. Ci chiama un pittoresco venditore di pesce seduto davanti al suo negozio e ci invita a sederci con lui. Premendo un campanello penzolante dal muro ordina il te; dopo pochi istanti arriva un cameriere con un vassoio pieno di tazzine! Mostriamo la mappa della Turchia e tra lo stupore generale raccontiamo il nostro viaggio. La tappa successiva è Trabzon, il più grande porto turco sul Mar Nero. Entriamo in città alla ricerca della villa di Ataturk situata in collina, immersa nel verde in un luogo isolato e tranquillo. Visitiamo la villa ed i suoi giardini ordinati pieni di piante e fiori ben curati. Prima di ripartire ci intratteniamo con le persone che si sono radunate intorno alla moto che ci omaggiano di un portachiavi con il simbolo della locale squadra di calcio. Inizia a piovere ed il Kurdistan ci aspetta. A pochi km da Trabzon sulla strada per Erzurum si trova il monastero di Sumela. La strada per arrivare in cima ala montagna, dopo un primo tratto con dell’ottimo asfalto, si rivela ben presto difficoltosa, resa ancora più pericolosa dalla fitta pioggia. Lisa, presa dalla paura di cadere, decide di scendere e di proseguire a piedi, mentre io riesco a raggiungere il parcheggio pieno di buche e fango ed aspetto il suo arrivo. Proseguiamo a piedi attraverso il fitto bosco fino all’ingresso del monastero. Stanco morto e comunque scosso per le difficoltà superate decido di non entrare per riposarmi e rilassarmi. Quando Lisa esce mi racconta che valeva la pena entrare per la visita, gli affreschi all’interno del monastero interamente scavato nella roccia erano magnifici. Ritorniamo alla moto e con molta cautela scendiamo a valle sulla strada principale finalmente senza pioggia. Il paesaggio continua ad essere selvaggio e roccioso, continui saliscendi dietro a camion stracarichi, lentissimi e fumanti sia in salita che in discesa. Le città cominciano a diradarsi e trovare un hotel ci sembra un’impresa. In tarda serata arriviamo a Bayburt, alcuni ragazzini a cavallo di una strana moto ci accompagnano fino ad un hotel, credo l’unico della città. La prima sensazione non è positiva, l’hotel è vecchio e decadente,  ma non abbiamo altra scelta… Il titolare ci mostra la nostra camera, nei miei viaggi intorno al mondo ho dormito in ogni dove ma mai in un posto così poco accogliente, neppure quando ho dormito per terra nel piazzale di un benzinaio in Bulgaria nel 1987! La moquette è di un colore indefinito, i mobili scoloriti e il bagno… beh, lasciamo perdere! Usciamo per cenare e la presenza della polizia e dei militari armati fino ai denti comincia a farsi notare. Rientrati in camera ci rendiamo conto che prendere sonno sarà un’impresa. Continue urla provenienti dal cortile adiacente ci fanno sobbalzare nel letto, mi affaccio e l’immagine è quella di una trentina di uomini che seguono una partita di calcio davanti ad un unico televisore in bianco e nero facendo un tifo infernale. Devo ammettere di essere andato in crisi, l’idea che da lì in poi sarebbe stato tutto così spiacevole mi ha fatto anche pensare di tornare indietro… Lisa mi convince che è solo colpa della stanchezza e finalmente ci addormentiamo.

 

Sabato 11 agosto 2007 - Yoghy

Al mattino un bel sole ci accoglie ed i brutti pensieri svaniscono. A colazione facciamo amicizia con una turista solitaria tedesca e noto con piacere che l’addetto dell’hotel, molto premuroso, ha coperto la moto, parcheggiata sul marciapiede, con un lenzuolo. E’ un giorno importante, secondo i nostri calcoli oggi dovremmo raggiungere il punto più lontano del nostro viaggio: Ani, l’antica capitale armena ora in territorio turco, quasi del tutto distrutta. La strada è bellissima, il traffico inesistente e i paesaggi da fiaba. Passiamo per Sarikamis, stazione sciistica turca in mezzo a lussureggianti valli montane e foreste di sempreverdi. Verso Kars, il paesaggio diventa una steppa ondulata dove i greggi di pecore la fanno da padroni. La città di Kars è disorientante, sui volti degli abitanti si riconoscono lineamenti azeri, turkmeni, curdi, turchi e russi. Lisa sta leggendo un libro di Pamuk ambientato proprio il questa città e riconosce le atmosfere cupe della storia. Siamo un po’ in ritardo per raggiungere Ani, che dista circa 45 km da Kars ed entriamo in città per cercare un hotel e chiedere informazioni. Parcheggio la moto nella via principale e mentre Lisa cerca l’ufficio turistico si avvicina un ragazzo a cavallo di una Honda da enduro che parla un perfetto inglese, 2 cose molto rare per quelle latitudini. Fortunatamente ritorna Lisa in grado di comprendere molto meglio di me il nostro interlocutore, che ci consiglia di rimandare la visita di Ani al giorno dopo in quanto un eventuale ritorno di notte sarebbe stato pericoloso; mentre ci accompagna a far benzina ci svela essere nientemeno che il capitano della polizia di Kars! Rientrati in città veniamo scortati da una pattuglia chiamata da lui fino ad un hotel. Il primo tentativo non va a buon fine in quanto Lisa rivela ingenuamente al portiere che non siamo sposati… dopo 1 minuto di imbarazzo il nostro amico ci spiega che non vengono date camere a coppie “non ufficiali” e ci invita a scegliere un altro hotel. Il secondo tentativo va a buon fine in quanto Tarik toglie Lisa dall’imbarazzo e spiega subito che non siamo sposati, quindi ci viene data una camera con i due lettini separati! Il nostro nuovo amico ci da appuntamento qualche ora più tardi per cenare insieme. Puntualissimo viene a prenderci insieme al suo autista, entrambi in divisa, con la macchina della polizia ed andiamo a cena… che onore! Le sorprese non finiscono perché, una volta usciti dal ristorante, ci accompagna alla centrale di Polizia e scarica sul suo pc tutte le foto dalle nostre sd card! Forse stava cercando di scoprire nostri eventuali legami con il PKK? No, era solo entusiasta di conoscerci un po’ meglio! Ci dice che se lo desideriamo, l’indomani siamo autorizzati a lasciare i nostri bagagli alla centrale per visitare Ani più leggeri. Ritorniamo in hotel, facciamo un po’ di foto insieme a lui e prima di coricarmi noto dalla finestra dell’hotel il viavai di poliziotti intenti ad ammirare la mia Goldwing… più sicuri e protetti di così…

 

Domenica 12 agosto 2007 - Lisa

Eccoci pronti per fare i veri turisti; ci aspetta Ani, l’antica capitale armena e le sue affascinanti rovine, vista tante volte nelle belle foto dei libri turistici prima della nostra partenza che ha un fascino irresistibile proprio perché all’estremo est del paese. Lasciamo una Kars che si sta svegliando, passiamo per il suo mercato e prendiamo la strada segnalata per raggiungere Ani; dopo circa 20 minuti viene segnalata una deviazione e prendiamo una strada sterrata che sembra porti in mezzo al nulla. Dopo qualche centinaio di metri passiamo invece in mezzo ad un gruppo di case, un laghetto ed una piccola immancabile moschea, che scegliamo come scenario per una foto. Un gruppo di uomini, tutti dotati di folti baffoni, si avvicina con aria incerta e seria, e io non nascondo di aver pensato: “adesso ci fanno la festa”… e invece indovinate cosa ci chiedono? La solita parola di sole 4 lettere che però esprime tutta l’ospitalità di questo paese: CHAI? Ovviamente accettiamo e li seguiamo verso l’ingresso della loro casa, in stile cascinale con più nuclei familiari nello stesso cortile. Ci presentano la nonna, la moglie di uno degli uomini ed una ragazza di circa 25 anni che stanno cucinando e ci accolgono con un sorriso. Saliamo in casa e io faccio appena in tempo a dire a Yoghy “togliti le scarpe!” perché l’appartamento brilla! Tappeti chiari, tende immacolate, centrini di pizzo, un accogliente divano dove ci fanno accomodare al posto d’onore davanti ad un bel mazzo di fiori… dobbiamo ammettere che rispetto al cortile infangato e la strada dissestata non ci aspettavamo tanta eleganza! Ci troviamo seduti comodi mentre tutta la famiglia ci sta intorno in piedi e ci guarda incuriosita, aspettandosi di fare conversazione con i loro due ospiti! Allora estraggo il vocabolario “io parlo turco” e cerco qualche frase intelligente da dire, ma quello che trovo sono frasi assolutamente inadatte alla situazione tipo ”c’è un dentista da queste parti?” oppure “fa caldo oggi!”, che detto qui in Turchia, dove d’estate ci sono sempre 30 gradi, non suona molto intelligente… ci salva la solita cartina, dove facciamo vedere il nostro giro e loro si guardano increduli. Ci accompagnano poi verso la porta, dove siamo pronti per salutare tutti e ripartire, quando invece ci portano nuovamente in cucina perché le donne viste prima ci hanno preparato una splendida colazione casalinga: formaggio fatto in casa, pane, miele, olive, uova sode, tè… meglio che in hotel! Mangiamo davanti ai loro occhi compiaciuti di tanto appetito e appena ci fermiamo ci riempiono nuovamente il piatto! Decidiamo di fare una foto per ricordare il momento e capiamo che probabilmente i nostri ospiti, soprattutto i bambini, non hanno mai visto una macchina digitale… praticamente una magia! Morale: passiamo almeno mezzora a fotografare tutti i componenti delle famiglie, circa 100 foto di bei sorrisi e occhi sinceri, indimenticabili. La nonna mi regala un paio di pantofole di lana fatte a mano e io non so come ringraziarla. Riusciamo a salutarli con la promessa di spedirgli le foto e ripartiamo verso Ani, che non delude le nostre aspettative: le rovine delle chiese, del minareto, della fortezza, risalenti al decimo secolo si stagliano sulla steppa arida e collinosa in un effetto scenografico veramente d’impatto. Passeggiamo ammirando il panorama, cercando di immaginare come doveva essere questa città, un tempo vivace centro di passaggio verso Oriente, fino a quando notiamo che il confine con l’Armenia è tangibile: una lunga rete metallica che segue il corso di un fiume divide i due paesi. Yoghy non resiste alla tentazione di mettere un piede di là e attraverso un buco nella rete, che probabilmente serve per loschi traffici di contrabbando, si mette a cavallo del confine! Prima di venire avvistati dalle vedette che si vedono qua e la, torniamo verso la moto e salutiamo un’altra tappa importante del nostro viaggio. Partenza verso Dogubayazit, dove vogliamo andare a visitare un altro pezzo di storia, il Palazzo di Ishak Pasa, che, leggiamo nella guida, sembra essere impedibile per la sua bellezza. Lungo la strada ci fermiamo ad una bancarella che vende solo pomodori, in mezzo al niente, una delle tante lungo la strada. Scendo dalla moto con qualche moneta in mano e faccio capire alla bimba che si occupa del chiosco che vorremmo qualche pomodoro. Arrivano i genitori e con un gran sorriso il papà riempie un sacchetto di plastica, mentre gli facciamo capire che sono troppi! Alla fine capisce che non abbiamo tanto spazio e ce ne regala 4 o 5 e ovviamente rifiuta i nostri soldi! Ci sentiamo, come spesso ci è già successo, stupiti di tanta gentilezza e accoglienza, ammettendo che in Italia queste cose non succedono più… Proseguiamo e ad un certo punto, nell’azzurro del cielo, noto una macchia bianca che sembra un lenzuolo. Lo faccio notare a Yoghy e, mano a mano che ci avviciniamo, capiamo che è la cima innevata del mitico Monte Ararat, la montagna sulla quale sembra che si sia fermata l’arca di Noe! L’effetto è bellissimo e un po’ irreale. Arriviamo in città e ci concediamo un ricco pranzo a base di pizza turca fatta con una pasta sottilissima, carne trita e pomodori, una vera bontà. Nel pomeriggio visitiamo  il palazzo, che non ci delude perché veramente ben mantenuto e finemente decorato con intarsi nel marmo. Nel parcheggio incontriamo un ragazzo torinese, Fabio, che viaggia da solo su una custom nera e fa più o meno il nostro giro. Facciamo quattro chiacchiere e ci salutiamo augurandoci buon viaggio. È ormai il tramonto e passiamo per il centro della città per andare in hotel e notiamo un certo movimento: capitiamo nel mezzo di una manifestazione, con tanto di uomini armati di bastone e cingolati pronti a caricare… non dimentichiamo che siamo ormai in Kurdistan, e purtroppo le sommosse sono all’ordine del giorno. Arriviamo in hotel e ridiamo molto perché la quarta stella sulla facciata è caduta e nessuno si  è preoccupato di riattaccarla, facendo diventare l’hotel a tre stelle per una stupidata del genere! Ci concediamo un bagno turco nella sana dell’hotel, incredibile ma vero, siamo tutti italiani e tutti motociclisti! Ci raccontiamo le nostre avventure e poi ci salutiamo.

 

Lunedì 13 agosto - Lisa

La mattina facciamo colazione e vediamo gli escursionisti che partono per il Monte Ararat, meta molto conosciuta tra gli amanti del trekking, che dura due o tre notti. Se ci conoscete… sapere che non fa per noi! Riprendiamo la strada verso il cuore del Kurdistan, con sosta al Lago Van, dalle acque azzurro chiaro dove le donne fanno il bucato e lavano le pelli di pecora ammorbidendole con i bastoni. Vedo un cartello giallo con una scritta che mi sembra un miraggio, la faccio notare a Yoghy che bruscamente frena per fare una foto: il cartello segna la direzione per l’IRAN! Guardiamo la cartina e vediamo che siamo solo a 30 km dal confine, e sorridendo increduli ci chiediamo come abbiamo fatto ad arrivare fino a questo angolo di mondo! Ci fermiamo dove attraccano le barche che portano all’isoletta di Akdamar e noleggiamo una barca enorme solo per noi; il capitano, un ragazzo che avrà avuto si e no 15 anni, ci porta in navigazione per mezzora buona e ci promette di venirci a prendere dopo un’ora, il tempo necessario per fare due passi e visitare l’antica chiesa armena dalla tipica forma a matita. Ci fermiamo sotto i mandorli a bere un’aranciata e ammiriamo i bellissimi colori degli alberi, del lago e delle montagne all’orizzonte. Che pace! Ritorniamo al molo e la barca ci riporta alla moto, il tutto per 20 euro in due! Il pranzo a base di grigliata di pesce è delizioso e i camerieri sempre gentilissimi. Ripartiamo per Diyarbakir, la capitale del movimento di resistenza curdo, dove la situazione di convivenza tra gli abitanti e la polizia è da molti anni tesa. Ce ne rendiamo conto dai molti posti di blocco che incontriamo lungo la strada, dalle vedette con i mitra spianati e dai carri armati pronti a partire. Io ero un po’ timorosa ma in effetti non ci hanno mai fermati se non per ammirare la moto, non ci hanno mai nemmeno chiesto i documenti! Arriviamo in città tardissimo, al buio, con i camion che sfrecciano a grande velocità, rischiando di prendere una buca o di ritrovarci in mezzo al nulla magari senza benzina! Abbiamo provato a fermarci per dormire in una città a metà strada, forse Kurtalan: 60.000 abitanti e nemmeno un piccolo hotel! Il tassista a cui chiediamo informazioni ci dice che ci ospiterebbe volentieri ma il pensiero di disturbare e la voglia di una bella doccia in albergo ci fa proseguire ringraziandolo! Arriviamo a Diyarbakir con il buio, il primo hotel che incontriamo è lussuoso, 4 stelle nuovo di zecca con il parcheggio per la moto. Io di solito preferisco i piccoli alberghetti modesti ma tipici, e invece la scelta si è rivelata giusta: bella camera e cena ai bordi della piscina sul terrazzo, con bella vista sui tetti della città, un piatto di frutta squisito e poi a nanna!

 

Martedì 14 agosto - Lisa

Dedichiamo la mattinata alla visita di Diyarbakir, arrivando a piedi in 10 minuti in centro città; cingolati e poliziotti armati ormai ci sembrano normali presenze, ma notiamo anche tanti bambini che giocano in mezzo alla strada invece di essere a scuola, con i vestiti malconci e senza scarpe. Le famiglie curde hanno in media 6 o 7 figli, il lavoro scarseggia e le condizioni di vita sono spesso di povertà. Le strade della città brulicano di venditori ambulanti, gli uomini sono seduti fuori dai bar a giocare a carte e le donne, spesso completamente coperte dai burka, vanno a fare spese nei negozietti e nei bazar. Ci addentriamo sotto un porticato e sbuchiamo in un cortile che scopriamo essere una scuola cranica, da dietro le finestre bambine con il velo ci osservano. Gli sguardi della gente si fanno un po’ curiosi e un po’ più ostili, o solamente un po’ annoiati da noi turisti; temendo di disturbare, andiamo allora a fare shopping nel mercato coperto, dove due simpatici negozianti ci vendono i pantaloni tipici della zona, con il cavallo molto basso e una cordicella colorata in vita (chissà quando li metterò…) e ci offrono l’immancabile tè. Mentre stiamo acquistando delle papaline in cotone, ottime da usare come sottocasco, arriva un ragazzo giovane che parla perfettamente l’italiano! Ci invita a bere un tè (il terzo o il quarto della giornata!) nel negozio di tappeti di un suo amico e ci spiega ce ha imparato l’italiano dai libri e quando trova qualcuno con cui fare conversazione ne approfitta! Io, prevenuta, aspetto solo il momento in cui ci proporranno l’acquisto di un tappeto o di altri voluminosi souvenir, e inizio a preparare le scuse per non accettare con gentilezza. In effetti ci propongono di vedere qualche articolo, ma quando capiscono che non siamo interessati lasciano subito perdere il discorso e continuiamo tranquillamente a parlare di calcio, di politica e di cucina turca! Salutiamo i simpatici ragazzi e torniamo in hotel per ripartire; sul marciapiedi c’è un bimbo con degli occhi azzurrissimi che si guadagna da vivere facendo pesare le persone sulla sua bilancia… che tenerezza! Appena usciti dalla città, attraversando un ponte, ci rendiamo conto che il fiume sottostante è il mitico Tigri! Ci fermiamo per fare una foto alle sue acque limacciose di un marrone intenso quando vediamo alcuni ragazzini che si tuffano facendo capriole e salti acrobatici e che ci salutano ridendo e sbracciandosi! Pensiamo allora a tutte le volte che a scuola abbiamo sentito parlare di questo fiume, che insieme all’Eufrate formava la Mesopotamia, la mezzaluna fertile che diede inizio a gloriose civiltà… e ci sentiamo felici di far parte della storia anche noi! Riprendiamo la strada verso la tappa che Yoghy aspetta di visitare da anni: il Monte Nemrut! Dopo un paio d’ore attraverso paesaggi rurali cotti dal sole arriviamo all’inizio della salita al monte, paghiamo l’ingresso al parco e iniziamo a salire lungo i tornanti piastrellati di fresco, strada ripida ma ben disegnata. In un punto particolarmente panoramico ci fermiamo ed assaporiamo i colori delle rocce rosse, del sole e del cielo azzurro, alziamo lo stereo a tutto volume ed io improvviso un balletto: unico spettatore? Una mucca che mi guarda perplessa! Arriviamo finalmente in cima ad una altezza 2.150 mt. Sul ripido parcheggio notiamo una intera famiglia di circa 15 persone vicine al loro pulmino che ci guardano arrivare con interesse: Si danno di gomito chiedendosi sicuramente che moto sia il bisonte appena arrivato aspettando che parcheggiamo per vedere la moto da vicino. Momento di gloria… peccato che Yoghy, preso dall’emozione di essere arrivato alla meta, sbaglia a caricare il peso e invece che appoggiarsi a monte appoggia il peso a valle, cadiamo rovinosamente! La famiglia corre in nostro aiuto, i bambini piangono spaventati e le mamme ridacchiano divertite… che figuraccia! Dopo aver aggiustato lo specchietto che si era sfilato dalla cornice, unico danno della caduta, saliamo a piedi fino alla cima e ci troviamo davanti ad un vero spettacolo: le enigmatiche teste di pietra, staccate dai loro corpi che siedono immobili sulla montagna, scoperte per caso alla fine dell’800, sono incredibilmente belle e ben conservate. Facciamo un po’ di foto e restiamo ad ammirare il paesaggio fino al tramonto, insieme ad altri turisti (molti italiani!), chiacchierando tranquillamente fino a che il sole non inizia a scendere e capiamo che dobbiamo andare. Troviamo un hotel molto grazioso lungo la strada che scende, trattiamo un po’ il prezzo della camera (40 euro) e ci sistemiamo nel nostro ennesimo alloggio. La cena, molto piacevole e rilassante avviene sotto gli alberi in giardino. Arriva una coppia su una BMW e ci guardiamo, incuriositi a vicenda; passano pochi minuti e stiamo già chiacchierando, sono una coppia turca in vacanza e parliamo del più e del meno, anche di politica… avevamo sentito dire di evitare i discorsi con la gente locale in quanto sia i turchi che i curdi si scaldano molto su questo argomento… infatti alla domanda “che cosa ti è piaciuto di più fino adesso” e alla mia risposta “Diyarbakir” notiamo un certo imbarazzo sul volto dei nostri vicini, cosa che ci fa evitare di proseguire con il discorso e cavarcela con una battuta… dopo un paio d’ore di chiacchiere scopriamo che questo ragazzo conosce Feza, l’amico di Yoghy di cui abbiamo già parlato… certo che la Turchia è veramente piccola! Ci auguriamo la buonanotte e andiamo a nanna, dopo una bellissima giornata!

 

Mercoledì 15 agosto - Lisa

Oggi la nostra missione sarebbe quella di raggiungere la Cappadocia, ma come vedremo non sarà possibile per la lontananza e lo stato delle strade, sempre imprevedibile, ed anche per colpa mia… dopo circa un’ora dalla partenza mi accorgo di non avere ritirato i passaporti alla reception! Yoghy gira la moto e ritorniamo sulla strada che sale al monte Nemrut. Quando arriviamo troviamo l’albergatore che ci guarda prima preoccupato e poi sollevato: non sapeva come fare per rintracciarci, aveva pensato di correrci dietro per restituirci i documenti ma non sapendo la nostra direzione avrebbe peggiorato la situazione! A riprova del carattere amichevole della gente, ci offre caffè, bottiglie d’acqua e addirittura ci invita a restare un’altra notte a sue spese! Incredibile… lo ringraziamo sentitamente spiegandogli che dobbiamo rispettare la nostra tabella di marcia e che se torneremo dormiremo ancora da lui. Dopo qualche ora di viaggio vediamo apparire all’orizzonte la sagoma inconfondibile di una Goldwing 1800 che ci viene incontro, ci guardiamo e salutiamo, poi loro si fermano e noi li raggiungiamo facendo una pericolosa inversione. Sorpresa: sono italiani! Lui è siciliano, lei è una bella ragazza bionda, facciamo una piacevole chiacchierata e scopriamo che loro stanno facendo il nostro stesso giro ma al contrario, e arrivano proprio dalla Cappadocia! Peccato che ci dicono di essere partiti il giorno prima, quindi ci rassegniamo all’idea di dover dormire a metà strada, verso Malatya. Ci salutiamo augurandoci buon proseguimento e ci stupiamo della coincidenza incredibile che ci ha fatti incontrare! Il caldo è insopportabile, la stanchezza è tanta e Yoghy annuncia che è ufficialmente stanco! Siccome è la prima volta che lo dice da quando siamo partiti deve essere vero, quindi ci mettiamo a cercare un hotel nei piccoli paesi che attraversiamo. Sbagliamo anche strada e ci infiliamo nel centro di una piccola cittadina, dove la gente che si accalca sulla strada ci costringe a fermarci per… indovinate? Un CHAI! Arrivano ragazzini e anziani, tutti a guardare la nostra ormai consumata cartina, e ci offrono acqua e sigarette fatte a mano, che gentili! Ci confermano che abbiamo sbagliato direzione e ci aiutano a trovare la strada giusta. Finalmente arriviamo ad una strada piena di negozi dove vediamo la scritta Hotel, la nostra camera è nuova di zecca e sembriamo i primi ad inaugurarla! Dopo una cena al ristorantino sotto l’hotel, durante la quale Yoghy prova ad ordinare qualcosa di nuovo ma immancabilmente gli viene servito il solito kebab… andiamo a dormire dopo aver guardato una tragica telenovela turca.

 

Giovedì 16 agosto - Lisa

Dopo una colazione a base di spremuta di arancia e pasta sfoglia ripiena di ragù di carne speziata (niente male come inizio!) partiamo per Urgup, dove riusciamo ad arrivare nel pomeriggio. Yoghy mi aveva tanto parlato di un hotel stupendo dove sognava di fermarsi, gestito da un un eccentrico signore di mezza età, molto simpatico e disponibile, conosciuto nel suo ultimo viaggio in Turchia nel 2001 e che aveva contattato già prima di partire. In effetti sulla guida l’Esbelli Evi era indicato come il miglior hotel di Urgup, ma la descrizione non si avvicinava neanche lontanamente alla realtà! L’hotel è completamente scavato nella roccia, come spesso si vede in Cappadocia, ma l’eleganza degli arredi, le luci e le ombre che il marmo riesce a creare naturalmente, i tappeti preziosi e la musica jazz in filodiffusione rende questo posto veramente unico e molto chic! Le bevande sono incluse nel prezzo, ci si può servire dal fornitissimo frigorifero americano in cucina dove si possono fare ottimi spuntini fai da te per consumarli sulla terrazza panoramica… ed eccoci nuovamente turisti e non viaggiatori! Ci concediamo questi piccoli lussi ed ammiriamo la nostra camera, le sue mensole ricavate dalla roccia, il letto antico in ferro battuto, le abat jour francesi, gli asciugamani di lino… questa è vita! Scusate, sono agente di viaggio, la mia è deformazione professionale!

Per la cena decidiamo di fidarci dei consigli del proprietario, che molto gentilmente ci concede mezz’ora di chiacchiere sull’Italia, sulla musica, sulla Turchia, si interessa al nostro viaggio e dimostra una cultura ed un savoir-faire unico; ceniamo nell’elegante ristorante li vicino: ottima cena a base di stufato di agnello cotto in anfore di terracotta, che vengono rotte davanti ai nostri occhi sprigionando sapori e profumi intensi. Un ultimo sguardo alle luci della città dalla terrazza e poi a nanna!

 

Venerdì 17 agosto - Lisa

Mattinata all’insegna del relax per Yoghy, mentre io approfitto delle tre lavatrici a disposizione per fare il bucato e stendere il tutto sotto il caldo sole; dopo una colazione a 5 stelle decidiamo di fare un “giretto” li intorno e visitare il lago salato Tuz Golu. Il cielo è di un blu intenso e il sole è accecante, arriviamo al lago e scendiamo fino al parcheggio con la moto, dopodiché proseguiamo a piedi attraverso la distesa di bianco sale che brucia gli occhi e crea un effetto strepitoso. Facciamo qualche foto e poi la mia vena artistica si fa sentire: cosa mi viene in mente guardando questa lastra bianca? Il pattinaggio su ghiaccio! Mentre Yoghy mi riprende divertito, io mi esibisco in piroette e saltelli molto buffi, mimando leggiadre ballerine… se volete farvi due risate abbiamo anche il video! Dopo la mia esibizione andiamo a bere una coca cola al baretto del parcheggio e osserviamo il via vai dei pullman dei turisti che si susseguono a poca distanza l’uno dall’altro: giapponesi, italiani, francesi… in queste occasioni ci sentiamo veramente viaggiatori e guardiamo un po’ dall’alto in basso i turisti in gruppo che hanno 5 minuti per scattare le foto e andare in bagno e poi via di nuovo, perché il pullman riparte…

Torniamo verso Urgup e, visto che la Cappadocia l’abbiamo già visitata in passato sia io che Yoghy, evitiamo le classiche mete come Goreme e le città sotterranee di Derinkuyu, e andiamo a vedere un paesino incuriositi dal suo nome: Moustafa Pasa. Ci troviamo catapultati in una piazzetta che sembra uscita da un film di 50 anni fa, dove passano solo trattori, le case sono un po’ tutte sgarruppate e la gente è molto tranquilla, gioca a carte al bar centrale, lontano anni luce dalle caotiche cittadine vicine invase dai turisti. Stiamo un’oretta ad osservare la calma di questo posto e poi torniamo verso Urgup, per andare a vedere il tramonto sul panorama dei cosiddetti Camini di fata, celebre paesaggio lunare creato dalle rocce lavorate dal tempo, dalla pioggia e dal vento creando uno spettacolo di colori dal bianco al giallo al rosso, che con il sole che scende diventa ancora più pittoresco. Brindiamo con un’aranciata alla nostra vacanza che sta volgendo al termine ma che fino a qui ci ha dato solo soddisfazioni… che momento magico!

Purtroppo sbagliamo il ristorante per l’ultima cena in Cappadocia, io da brava milanese ho voglia di un po’di vita e finiamo in un ordinario ristorantino in centro, che offre un menù banale. Torniamo in hotel, i nostri panni sono asciutti e profumati e rifacciamo la valigia per la partenza del giorno dopo.

 

Sabato 18 agosto - Lisa

Dobbiamo salutare il nostro Suha, proprietario dell’hotel, e le sorprese non sono finite: non sappiamo il perché ma ci fa uno sconto impressionante, avremmo dovuto pagare circa 150 euro per le due notti e ci chiede solamente 60 euro, nonostante Yoghy insista per pagare almeno il doppio! Ancora una volta il nostro affetto per questa gente viene rafforzato e salutiamo a malincuore, promettendo un futuro ritorno.

Partenza in direzione Konya. Lungo il percorso visitiamo il caravanserraglio meglio conservato di tutta la Turchia, molto interessante. A Konia ammiriamo la sua moschea dal tetto turchese, sede dei dervisci danzanti, una confraternita di monaci che trovano ispirazione girando su se stessi nei loro abiti bianchi a gonna ed i loro cappelli a cono. Dopo la visita ci concediamo un veloce pranzetto e osserviamo le famiglie che mangiano insieme allegramente. Nel pomeriggio proseguiamo lungo la strada principale e ci rendiamo conto che l’accoglienza, i sorrisi e l’ospitalità della gente va mano a mano perdendosi: facciamo benzina un paio di volte e nessuno ci offre il tè! Ci stiamo avvicinando inesorabilmente alle città più grandi, più vicine alla cultura europea, dove il turista non è più visto come un ospite ma come un cliente. Il sogno di una Turchia ingenua e affettuosa è forse già finito?

Ci fermiamo per la sera a Kutahya, capitale della produzione della ceramica, dove molti dei palazzi sulla strada principale sono ricoperti da mattonelle multicolori. Il nostro hotel è nuovo e grazioso, il personale gentile e premuroso: quindi la nostra era stata solo un’impressione! Facendo manovra per parcheggiare sul marciapiede, Yoghy non si accorge di una botola enorme lasciata aperta da chissà chi e, allertato dalle mie urla isteriche riesce a frenare un centimetro prima di finire con tutta la Goldwing nel buco! Solo in quel momento si rende conto del pericolo scampato e ci guardiamo come due sopravvissuti ad una tragedia!

Facciamo una passeggiata per le strade della città, ben illuminate e piene di negozi, gelaterie, pizzerie e bar alla moda, dove si capisce che la Turchia è ormai moderna per molti aspetti. Yoghy intavola una lunga trattativa per l’acquisto di una cintura, più per la simpatia del venditore e di sua moglie che per l’oggetto in sè, e usciamo dal negozio dopo aver riso per la mimica usata da tutti noi per capirci senza avere una lingua in comune.

Cenetta a base di kebab e verdure, tanto per cambiare, e poi a nanna.

 

Domenica 19 agosto - Lisa

Dopo la colazione Yoghy riesce a contattare il suo amico Feza e ci mettiamo d’accordo per trovarci in città in serata. Ma Feza scalpita, non riesce ad aspettare e ci telefona, dicendoci che viene a prenderci in autostrada, ovviamente con la sua Goldwing! Durante il percorso capitiamo per caso davanti ad un negozio di accessori per moto nella cittadina di Pamukova,  potete immaginare cosa si scatena alla vista della nostra goldwing, escono i tre ragazzi proprietari del negozio invitandoci ad entrare per il classico tè e per scambiare qualche parola. Hanno una connessione ad internet lentissima ma comunque sufficiente per mostrare loro il sito del GWCI e le pagine personali di Yoghy che non riesce a fare a meno di acquistare qualche oggetto, un po’ per ringraziare i ragazzi per l’ospitalità, un po’ perché si rende conto che la merce costa meno di niente. La borsa della spesa si riempie in pochi secondi di 2 sottocasco integrali di ottima fattura pakistana, 2 paia di guanti, un kit di luci strobo, un casco ed innumerevoli altri oggetti che ora non ricordo. Il tutto per poco più di 50,00 euro. Finalmente, percorrendo l’autostrada, arriviamo alla periferia di Istanbul e dopo il casello notiamo subito la sagoma inconfondibile di Feza e della sua Goldwing 1800. L’incontro fra Yoghy e Feza è memorabile: Yoghy è abbronzato, con i capelli e pizzetto neri, con i vestiti spiegazzati e provati da una giornata di strada; Feza è un bell’omone altissimo, pelato, con un bel paio di baffoni biondi e gli occhi azzurri: chi è il turco fra i due? Dopo un caldo abbraccio, pacche sulle spalle e domande di rito ci accompagna in città, e lo ringraziamo per averci scortato, come un affettuoso Caronte, nell’inferno del traffico di Istanbul! Raggiungiamo un fresco bar, beviamo qualcosa e subito Feza si mette all’opera con il suo cellulare per trovarci una camera. Istanbul è sempre piena ed in agosto straripa di turisti, ma dopo tre o quattro tentativi ci trova una camera per le tre notti in uno degli hotel più caratteristici di tutta la città che addirittura avevo segnato tra i preferiti sulla guida! Ci accompagna in hotel e ci accordiamo per trovarci a cena con sua moglie. Esploriamo la nostra nuova sistemazione: l’hotel è veramente uno spettacolo, il proprietario ha fatto per tanti anni il circense ed ha raccolto abiti, stoffe e soprattutto lampade trovate durante i suoi viaggi. Il risultato è un ambiente colorato ed elegante, nella zona più bella della città, ad un prezzo accessibile, circa 70 euro a notte con la prima colazione. La nostra camera è piccola e un po’ bohemienne, ma ci adattiamo subito perché siamo stanchi e felici del nostro incontro!

Dopo esserci dati una parvenza di “urbanità” prendiamo un taxi che ci porta nella piazza Taksim, dove abbiamo l’appuntamento con Feza e sua moglie Berrin. E qui la sottoscritta agente di viaggio fa veramente una caduta di stile: mi faccio fregare dal tassista! Mi chiede una cifra, gli do una banconota, lui tipo Mago Silvan fa un giochetto e mi fa credere che gli ho dato molto meno di quanto lui mi ha chiesto… io presa dall’imbarazzo, un po’ confusa e dubbiosa, gli passo un’altra banconota e scendo, mentre lui corre via a tutta velocità! Ci resto malissimo e divento lo zimbello sia di Yoghy che dei nostri amici per tutta la sera! Ceniamo in riva al mare nel quartiere moderno di Ortakoy ammirando il gigantesco ponte sul Bosforo illuminato con giochi di luci. Dopo cena facciamo 4 passi immersi tra la folla, un delizioso gelato e ritorniamo in hotel. Ci salutiamo e Feza ci promette che ci accompagnerà fino all’uscita dalla città fra due giorni.

 

Lunedì 20 agosto 2008 - Lisa

Finalmente stamattina realizzo uno dei miei sogni: voglio trascorrere la mattinata al bagno turco! Convinco anche Yoghy ad andare all’hammam riservato agi uomini, poi ci rivedremo in hotel situato a pochi passi. Entro in questo androne un po’ buio, dove una signora mi mostra i prezzi dei vari trattamenti: ovviamente non bado a spese e scelgo il più caro, il trattamento da regina! Un’altra signora mi accompagna allo spogliatoio e mi fa capire che devo rimanere senza niente addosso. Entriamo insieme in una grande stanza interamente ricoperta da marmo bianco, tutto è in penombra, le uniche fonti di luce sono delle fessure sul soffitto ad archi e il vapore della sauna riempie l’aria con un piacevole tepore. Mi sdraio sul pavimento umido e mi rilasso; mi guardo intorno e vedo che ci sono sia donne turche che altre turiste, tra cui una timidissima giapponese che non sa come comportarsi. Dopo circa 20 minuti arriva la mia “tutor” che, senza tanti preamboli, mi tira una secchiata di acqua tiepida sulla testa, mi fa cenno di sdraiarmi e inizia il primo trattamento: da una grande tinozza in ferro dove ci sono grosse scaglie di sapone tira fuori un pennellone enorme, con il quale mi spalma grandi quantità di acqua e sapone; ogni volta che passa il pennello la schiuma si moltiplica e io mi sento una nuvola profumata! Mi risciacqua a secchiate e poi mi passa un guanto di crine per il peeling, la mia pelle si arrossa e io soffro in silenzio, cercando di mantenere il sorriso e facendo cenni di approvazione alla mia simpatica torturatrice! L’ultima parte è la più piacevole: un massaggio energico con crema profumata e massaggio alla testa. Torno un po’ barcollante allo spogliatoio, dove mi viene offerto un tè e mi rivesto, sorridendo al pensiero di Yoghy che probabilmente avrà ricevuto lo stesso trattamento. Torno in hotel e dopo mezzora eccolo che arriva, ma la sua espressione è tutt’altro che serena e rilassata… anzi mi sembra dolorante e preoccupata! Il suo racconto è terribile, un omone baffuto ed energico l’ha manipolato, massaggiato e stritolato con forza, divertendosi nel vedere le sue espressioni terrorizzate! Povero Yoghy, oggi pomeriggio lo lascio riposare e vado a fare la turista da sola! Faccio un giro vicino all’hotel e mi godo l’allegro viavai dei turisti, dei tassisti che guidano come matti, dei negozianti che attirano i clienti con voci squillanti. Provo un senso di libertà e sono felice di essere qui, in questa città magica e caotica. Milano è lontanissima!

Torno in hotel, dove Yoghy ha riacquistato l’uso delle braccia e delle gambe, e lo porto a cena sul Bosforo in un ristorante per turisti con splendida vista sulla città. Torniamo in albergo a piedi nonostante l’ora tarda, ma qui non percepiamo alcun pericolo o minaccia e Istanbul è adesso tranquilla e quasi silenziosa, ancora più misteriosa.

 

Martedì 21 agosto - Lisa

Prima colazione e poi due passi per raggiungere il celebre mercato coperto, dove migliaia di negozietti si susseguono a perdita d’occhio; gioielli d’oro, d’argento, stoffe colorate, ceramiche sgargianti, magliette souvenirs con vari soggetti che ricordano la città, giubbotti in pelle… a proposito; passiamo due ore in uno di questi a contrattare un giubbotto in pelle per Yoghy, che uscirà poi soddisfatto del suo acquisto... e anche la questione shopping è sistemata! Pomeriggio più culturale: visita alla moschea di Santa Sofia, enorme e luminosissima, e poi passeggiata sotto terra nella celebre cisterna romana, impressionante spazio usato nell’antichità per raccogliere l’acqua, dove si passeggia su passerelle in legno costruite per il turismo, dove si alternano migliaia di colonne di marmo illuminate con musica classica in sottofondo.

La nostra ultima cena a base di ottimo pesce e la bottiglia di ottimo vino bianco ci fa salutare la città in allegria… hic!

 

Mercoledì 22 agosto - Yoghy

Abbiamo deciso di partire prestissimo ed incuranti di ciò, Feza e Berrin si presentano puntualissimi alle 6,00 del mattino sotto il nostro hotel, ci guidano e dopo averci offerto una sostanziosa colazione ci salutano a circa 20 km da Istanbul. Feza per me è una persona carissima, nel 2001 è stato a casa mia a Cantù e non credo riuscirò mai a ricambiare tutto quanto lui ha fatto per me in questi giorni. Corriamo veloci verso la Grecia, abbiamo deciso di fare strade nuove rispetto al viaggio di andata ed i progetti sono di arrivare a Salonicco e poi attraversare la Macedonia, la Serbia e da Belgrado in poi rifare lo stesso percorso dell’andata. Ci fermiamo a Kavala in un ristorante in riva al mare per il pranzo, il caldo è torrido, in quel periodo la Grecia bruciava in molte regioni. Arriviamo a Skopje, capitale della Macedonia attraverso un’autostrada in pessime condizioni con dei pittoreschi casellanti che decidevano il prezzo del pedaggio diciamo con molta fantasia. Con molta difficoltà troviamo un hotel per la notte, l’ambiente non è molto amichevole e non ci siamo sentiti propriamente a nostro agio. Con un taxi raggiungiamo il centro della città e rimaniamo molto sorpresi della vitalità, ragazzi giovani affollano i molti bar e locali del centro con l’immancabile partita di calcio trasmessa sui grandi schermi sparsi ovunque. Rientriamo in hotel per la notte.

 

Giovedì 23 agosto 2008 - Yoghy

Al mattino scopro che la gomma posteriore è sgonfia, ripartiamo e cerchiamo un distributore per fare il pieno e controllare la pressione. Non appena gonfio la gomma mi rendo conto che c’è un bel buco sul dorso della copertura. Non mi faccio prendere dal panico ed inizio a preparare gli attrezzi per la riparazione del danno. Scopro che ho tutto meno l’utensile che serve per inserire il perno in gomma nel foro, non mi resta che ricorrere alla bomboletta riparagomma. Seguo le istruzioni ed inserisco tutta la schiuma nella gomma ripartendo immediatamente. Questo inconveniente ci fa decidere di modificare il percorso previsto e decidiamo di spostarci verso la costa croata pensando, nel caso di seri problemi, di caricare la Goldwing sul primo traghetto in partenza per l’Italia. Ad un certo punto appare una dogana imprevista, non era segnalata sulla nostra guida e chiediamo ai poliziotti di guardia in che nazione stiamo entrando. Vi sembrerà strano ma dopo innumerevoli passaggi tra uno stato e l’altro è facile perdersi e non capire più nulla. La risposta mi lascia sbalordito, stiamo entrando nel Kossovo, scopro in quel momento che questa regione, martoriata da guerre e lotte civili, ha già i suoi confini e l’euro come moneta. Lo stato non è contemplato nella carta verde rilasciata dall’assicurazione e siamo obbligati a stipularne una apposita in dogana, ben 20 euro per il solo passaggio! Ripartiamo scrutando la mappa senza più certezze di nulla, il paesaggio è vario e le strade in uno stato decente. Fanno impressione gli innumerevoli campi militari, i cartelli ai bordi della strada con i simboli dei carri armati e le camionette dei militari di svariate nazionalità che gironzolano ovunque. In una area di servizio un ragazzo kossovaro ci indica la strada da seguire per arrivare in Croazia aggirando l’Albania, ha lavorato in svizzera e si ricorda molto bene l’italiano. Arriviamo a Pristina, la capitale, ed al rondò prima della città sbaglio strada prendendo si a sinistra ma non nella strada indicata dal ragazzo del benzinaio. Ci ritroviamo alla periferia di un’altra città molto nota, il cui nome tante volte ci è capitato di sentire nei vari tg italiani, Mitrovica. Inizio ad essere veramente stanco, la gomma posteriore è sempre più danneggiata ed in ogni dove cerco di acquistare bombolette di fast. Ci fermiamo in un bar sulla strada per bere qualcosa e riposarci un po’. Chiedo al cameriere, mostrando la mappa, dove ci troviamo esattamente ma non ottengo risposta. Un avventore si avvicina ed in inglese mi indica il punto esatto dandomi conferma di aver sbagliato strada e poi mi comunica una notizia che mi lascia senza parole. I nostri progetti vanno a farsi benedire in quanto la strada che stiamo percorrendo va si verso la Croazia ma ci obbliga a passare dalla Serbia ed i serbi non fanno entrare nel loro paese chi ha sul passaporto il timbro del Kossovo, non riconoscendone lo stato. Incredulo chiedo più volte se è sicuro di quanto sta dicendo e cosa posso fare per arrivare nel più breve tempo possibile a Dubrovnik in Croazia. Gentilmente mi dice di essere un poliziotto e quindi di essere assolutamente certo di quanto stesse dicendo e mi indica un “pertugio” dove poter passare attraversando lo stato del Montenegro per poi arrivare in Croazia. Ringraziamo e ripartiamo immediatamente seguendo passo passo le indicazioni ricevute. La strada è piacevole e sarebbe godibilissima se non ci fosse lo stato di preoccupazione circa la tenuta della gomma. Gli episodi di ospitalità sono innumerevoli, ad un banchetto di frutta cerchiamo di pagare delle banane ma non c’è verso, la ragazza non ne vuole sapere di prendere soldi. Entriamo in Montenegro sotto la pioggia attraverso una dogana piccolissima in cima ad una montagna con un clima invernale. Siamo gli unici a percorrere la strada e la faccia stupita del poliziotto che vede sbucare la Goldwing tutta illuminata davanti alla sbarra dice tutto! Attraverso continui saliscendi su strade tortuosissime e strette riusciamo a raggiungere il porto di Dubrovnik alle 22,30 sperando di trovare un traghetto per l’Italia. Purtroppo non c’è nessuna nave e la prima partirebbe il giorno successivo per Bari. Visto che siamo in giro dal mattino presto e siamo sfiniti ci rifocilliamo nel primo ristorante che vediamo aperto. Devo ammettere che con la pancia piena le cose si vedono in modo diverso ed imperterriti, non avendo voglia di aspettare e perdere un giorno, ripartiamo verso le 23,30 in direzione nord. L’idea è quella di arrivare a Spalato sperando sempre di trovare una nave per Ancona. Guido con molta prudenza anche perché la gomma comincia a dare segni di cedimento. Arriviamo a Spalato alle 4, ma anche in questo porto nulla da fare, nessuna nave fino alla sera. Ci mettiamo alla ricerca di un posto economico per dormire ma ci rendiamo conto da subito che è una impresa. Sfiniti ci rivolgiamo anche ad hotel 4 o 5 stelle e fortunatamente una ragazza della reception chiama un suo conoscente che ha camere in affitto. Alle 4,30 arriva l’ometto e ci porta in una villetta dandoci per 60,00 euro una cameretta. Sprofondiamo in un sonno profondo senza puntare nessuna sveglia, crediamo che oramai il più sia stato fatto.

 

Venerdì 24 agosto 2008 - Yoghy

Verso le 10,30 ci ritroviamo in un bar per la colazione e stranamente la gomma della Goldwing si presenta gonfia ed in perfette condizioni. Non mi ricordo quanti riparagomme ho inserito, almeno 6 o 7 negli ultimi 2 giorni. Questa cosa ci convince di tentare il tutto per tutto e prendiamo di corsa la nuova autostrada che corre all’interno della Croazia verso nord. Senza nessun problema ci godiamo il viaggio sotto uno splendido sole e l’arrivo a Trieste ci sembra un miraggio. Preso dall’euforia strapazzo eccessivamente la gomma che ha ripreso a perdere pressione fino ad esplodere nei pressi di Vicenza. Riesco a tenere la moto in carreggiata e mi fermo nella corsia di emergenza. Neppure questo episodio riesce a turbare la felicità per le avventure vissute e per il viaggio fantastico che abbiamo quasi completato. Mi metto all’opera e telefono alla società per il recupero del mezzo, risponde immediatamente, comunico le coordinate e ci mettiamo in attesa rilassandoci con l’ennesima sigaretta. Durante l’attesa apro l’utilissima agenda dei soci GWCI ed inizio a telefonare ai soci della zona per chiedere informazioni circa un meccanico per la sostituzione della gomma. Trovo Alfredo Chilò che si dimostra disponibilissimo ad aiutarmi per qualunque necessità, mi promette di interessarsi l’indomani presso il suo meccanico con la promessa di risentirci per la conferma. Arriva il carro attrezzi e dopo aver caricato la moto ci accompagna in hotel.

 

Sabato 25 agosto 2008 - Lisa

La mattina dopo l’autista del carro attrezzi ci viene a prendere per portarci dal nostro Salvatore:il concessionario Honda Tottene, a qualche kilometro di distanza, non solo è aperto, ma ci conferma che in giornata ci cambierà le gomme! Passiamo la giornata chiacchierando con il mitico proprietario ed i suoi figli, mentre in officina stanno compiendo il miracolo… non dimentichiamo che è un sabato pomeriggio di fine agosto, e non era per nulla scontato che saremmo riusciti a ripartire il giorno stesso! Addirittura ci mettono a disposizione uno scooter per fare un giro a Bassano del Grappa! Anche il conto si rivela onestissimo e ringraziamo per l’immensa disponibilità il proprietario ed il suo staff.

Arriviamo a casa in serata e ci rendiamo conto che l’avventura è veramente giunta al termine dopo aver percorso 10.750 km in poco più di 20 giorni.

Guardiamo ancora una volta le foto nel display della macchina fotografica per fissare i ricordi nella nostra memoria e mantenere ancora per qualche ora l’atmosfera vacanziera. Il telefonino inizia a squillare, amici e parenti vogliono accertarsi che siamo tornati sani e salvi, vorremmo trasmettere la nostra felicità e soddisfazione ma probabilmente i nostri discorsi sarebbero troppo concitati, ma sicuramente trasmetterebbero tutto il nostro entusiasmo.

Che dire? La nostra prima vacanza è stata un trionfo, grazie agli splendidi paesaggi che ci hanno fatto da sfondo ma soprattutto ai personaggi che hanno animato la nostra scena: una vacanza da film!

 

Yoghy e Lisa 

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